"Ma, quando niente sussiste d'un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l'immenso edificio del ricordo."
(M. Proust)

30 novembre 2010

letargo

Sarà la stagione, sarà il tempo che manca, sarà che le dita sono bruciate, sarà. Intanto il blog è in letargo.
Ma tornerà, più bello e più superbo che pria!
(PoveraPazza)

26 novembre 2010

pasta fighetta con ragù, di baccalà però

La sindrome del Bianconiglio non accenna a guarire, neppure a migliorare, se è per questo. C'è tanto - troppo - lavoro da fare e le spese sono a carico della vita vera. Allora latita la palestra, gli amici non so neppure più che faccia abbiano, la blog-creatura mi si rinsecchisce per mancanza di nutrimento.
L'ispirazione, quella, ci sarebbe pure. E' proprio che non riesco a far combaciare i lembi di una coperta asimmetrica.
Vabbuò, inutile lamentarsi. Passerà anche questa nottata.
Intanto nel mondo parallelo dei bloggers sono nate due nuove creature che non vedo l'ora di toccare e sfogliare: i libri calicantini. Ma ormai tutti lo sanno e non si parla d'altro fra queste righe.
I calicanti loro stessi medesimi sono personaggi formidabili. Molto poco star e molto tutto quello che ci piace. Ma anche questo è noto assai.
Questo per introdurre il baccalà? No, affatto, ma mi piaceva dirlo. E mi spiacerà molto non essere presente al baccanale di presentazione dei figliolini, ma la distanza e la stagione non consentono. Ci saranno altre occasioni, spero. Vero MaiteMarie? - il fotografo che però si nega spesso alla vista altrui, dunque non lo conosco.
Odo un coro unanime: ce la dai o no 'sta ricetta? E vabbè, arrivo, arrivo.
Che io non sia una creatura pastifera già l'ho detto. Ogni tanto mi cimento, così, per puro spirito di contraddizione. Questa volta mi serviva un primo autunnale e, visto che quelli con la verdura sola mi sanno più di primavera- estate, mi son lanciata in un ennesimo ragù di pesce.
Ormai ho bandito dalla mia tavola(con gran sofferenza ma I PRINCIPI SONO I PRINCIPI (non le altezze reali, le idee) ) il tonno, il pesce spada e i gamberetti. Che resta? Baccalà, forever.
Per 4:
calamarata 380 gr,
 baccalà ammollato privato delle spine 300 gr,
 pomodori pelati 1 scatola,
una piccola cipolla
una carotina
uno spicchio d'aglio
1 gambo di sedano,
peperoncino fresco
prezzemolo
olio d'oliva
sale
--
Tritare il sedano, la carota e la cipolla e farli appassire in un filo d'olio. Aggiungere i pelati, poca acqua e una presa di sale. Coprire e cuocere la salsa per 25-30 minuti.
Nel frattempo stufare il baccalà a pezzettoni, l'aglio e il peperoncino in un tegame con un filo d'olio. Cuocere il pesce - adagiato dalla parte della pelle - , coperto, per una ventina di minuti.
Lasciare intiepidire il pesce, levare per quanto possibile la pelle e sfaldarlo con una forchetta. Riunire il pesce nel suo fondo di cottura. Quando il fondo comincerà a sfrigolare aggiungere il prezzemolo tritato e la salsa di pomodoro preparata in precedenza. Lasciare insaporire per qualche minuto, aggiungendo poca acqua, se serve.
Nel frattempo lessare la pasta, scolarla al dente e saltarla nel ragù preparato.
La porzione nella foto è quella che ho mangiato io per entrare nei jeans e chiuderli, pure.
(PoveraPazza)

24 novembre 2010

tartellettizzazione del chai curd - di Rebecca -

Da quando l'ho visto non ho pensato ad altro: dovevo averlo! No, non Georgie-baby (oddio, anche lui nel caso) ma il chai curd di quel genio di Rebecca.
Per varie vicissitudini (prima mancava il tempo, poi le uova, poi il burro) mi sono ritrovata a cremizzare il tè ieri sera e a tartellettizzarlo un'ora fa.
Detto -  fatto -  condiviso. Non mi tengo un cece come è ormai ben noto.
Per quattro tartellette da 8 cm di diametro (brand new, tra l'altro):

60 gr di farina 00
40 gr di farina di riso
30 gr di farina di mandorle
1 tuorlo
50 gr di zucchero muscovado
una presa di sale
60 gr di burro
1 cucchiaino scarso di cannella in polvere
--
Impastare burro e zucchero, unire il tuorlo e poi le farine, il sale e la cannella.
La pasta resta abbastanza morbida quindi è facile rivestire gli stampini. I miei sono antiaderenti e non li ho imburrati e infarinati nè rivestiti di alcunchè. Bucherellare il fondo della pasta e poi lasciare in frigo per un quarto d'ora abbondante.
Successivamente passare in forno a 180 per un quarto d'ora o fino a quando le tartellette saranno asciutte ma non dure come il marmo.
Lasciare raffreddare e riempire con il curd preparato in precedenza. Una sconfinata delizia.

A ben guardare anche questa ricetta ha a che fare con l'India, almeno con la mia.
Ricordo ancora il venditore di chai che una notte, in una stazione sperduta e buia, sommessamente pubblicizzava il suo prodotto:"chai, chai, chai..!". Arrivato a me, insonnolita e un pò smarrita, con un gran sorriso disse "tea".
Sono passati tanti anni e la sua immagine mi commuove ora come ieri.
Un altro fratello che guarda il mondo.


(PoveraPazza)

22 novembre 2010

yogurt chapati e curry di zucca: interpretazione dell'India. 1.




A Natale vado in India. Se non succedono cataclismi o eventi che ora non so prevedere.
Nell'India del Sud, questa volta. Poi mi mancherà il centro e l'estremo Nord, ma il subcontinente è grande, mica si può aver fretta.
Ho sempre amato la cucina indiana, ho avuto parecchi amici indiani che mi hanno fatto assaggiare i piatti piccantissimi e vegetariani del sud (ciao Prasad). E' un paese che mi ha spezzato il cuore la prima volta che l'ho visto. Chissà se ora sarà cambiato, se ci vedrò una speranza che allora non mi pareva di scorgere.
Per farla breve e poco retorica, mi son fatta il chapati. Trovo interessanti tutti i pani indiani (anche questo) ma il chapati non l'avevo mai provato. Oddio, non che questo sia proprio quello classico, ma quasi.
Ho usato:
140 gr di farina integrale di farro
140 gr di yogurt greco
1/2 cucchiaino di sale
3 cucchiai di prezzemolo (coriandolo è meglio, ma se non si ha..)
un'idea di burro per ungere la padella antiaderente
--
Mescolare tutti gli ingredienti, prima con la forchetta e poi con le mani, fino ad ottenere una pasta liscia e omogenea. Mettere in una ciotola, coprire con la pellicola e lasciare riposare in frigo per un'ora almeno.
Trascorso questo tempo dividere l'impasto in sei palline che si stenderanno in piccoli dischi con il mattarello infarinato. Riscaldare su fiamma alta una pentola antiaderente dal fondo spesso, ungerla con l'idea di burro e cuocere i dischi due alla volta. Dopo un paio di minuti, schiacciando con una paletta di legno le focaccine si gonfieranno come palloncini. Continuare a schiacciare, gonfiando e sgonfiando per un paio di minuti per parte. Tenere al caldo mentre si esauriscono tutti i dischi di pasta.
Senza yogurt il chapati è il vero pane indiano, e risulta più leggero e conservabile.
In questo modo però, accompagnato dal curry di zucca è un piatto unico, goloso e leggero.
Per il curry di zucca:
600 gr di zucca tagliata a dadi non troppo piccoli
1 grande porro a rondelle
1 peperoncino fresco, piccante
10 pomodorini ciliegia
1 cucchiaio di estratto di pomodoro
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
2 cucchiai di garam masala
la buccia di mezzo limone
2 cucchiai di yogurt greco per servire


Fare appassire leggermente il porro con il garam masala, l'estratto di pomodoro e il peperoncino a rondelle, aggiungere i cubi di zucca, poco sale e mezzo bicchiere d'acqua. Cuocere coperto fino a quando la zucca non sarà morbida (una ventina di minuti dovrebbero bastare) aggiungendo altra acqua se necessario. Negli ultimi cinque minuti unire anche i pomodorini tagliati a metà.
Salare, cospargere con le zeste di limone e poco prezzemolo tritato.
Servire accompagnato dalle focaccine preparate prima e, a piacere, un cucchiaio di yogurt nature.
(PoveraPazza)

ps: vista la mia ormai nota avversione per gli avanzi nella loro forma iniziale, la sera successiva la zucca è diventata una vellutata yogurtosa , buona e calda








18 novembre 2010

ceci, questi preferiti. In umido.

Problema: se si lavora fino a tardi, si salta la pausa pranzo e viene buio presto, se si ha una casa "d'atmosfera" in cui le luci sono solo da terra e per giunta fioche, quando cavolo si possono fare delle foto decenti?
Risoluzione: mai.
Vorrà dire che i miei quattro lettori si dovranno immaginare piatti succulenti in stoviglie finissime, ambientazioni magnifiche e tutto quanto vorranno loro.
Qui, fino al disgelo, si parlerà solo di ricette. Punto e basta. Non ci sono mica alternative.
Ieri sera, per esempio. tornando in auto dall'ufficio stavo passando in rassegna ciò che il frigorifero offriva. L'inventario non prometteva niente di buono, però facendo una joint venture frigo-dispensa magari una cena di qualche gioia magari sarebbe saltata fuori.
Per replicare la mia ciotola, sorretta da forte mano maschile:
1 confezione di ceci lessati
3 carotine
mezzo cespo di radicchio rosso
1 cipolla dorata piccola
aneto fresco
il succo di un limone
1 cucchiaino di carvi (kummel)
quattro cucchiai di yougurt greco
1/2 cucchiaino di sumac
sale pepe olio d'oliva
--
Tritare la cipollina e ridurre la carota a dadini. Far soffriggere in un velo d'olio insieme al carvi.
Aggiungere il radicchio tritato grossolanamente ed i ceci sgocciolati e lasciare insaporire per qualche minuto. Bagnare con il succo di limone, aggiungere l'aneto tritato, aggiustare di sale e pepe e finire la cottura per un altro paio di minuti.
Mescolare lo yougrut con un filo d'olio, il sumac e un pizzico di sale.
Servire l'umido di legumi con due cucchiai della salsa allo yougurt.
Continuando a saltare il pranzo e mangiando queste meravigliose leggerezze a cena forse è la volta che divento una modella (lol).
PoveraPazza



Aggiungere i ceci e

15 novembre 2010

leggiadria e un mazzo di rose

Quella appena trascorsa è stata una settimana da incubo. Mille grane, troppi impegni, una somma di disagi che mi hanno resa ancora più isterica (nomen omen) del solito.
Gli unici due momenti di relativa tranquillità e piacevolezza sono stati la cena di giovedì, questa volta tutta al femminile (unici ex maschi ammessi i miei gatti)  e venerdì il compleanno di mammà, per il quale io e Giulia, la mia nipotastra preferita (e unica!)
Giulia
abbiamo prodotto la tarte bouquet de roses trovata su C.I. di ottobre.
A dirla tutta, non pensavamo di essere capaci di fare le roselline di mela richiesta E INVECE SI', brave che siamo state!
Si procede così:
per la frolla (noi questa volta, per assoluta cronica e irrimediabile mancanza di tempo ne abbiamo usata una pronta, ma mai mai più)
farina 00 gr. 150, 
burro gr. 150,
farina di farro gr 100
2 tuorli 
zucchero gr 70 e un pizzico di sale
--
Impastare tutti gli ingredienti (unendo i tuorli per ultimi) e lavorarli fio ad ottenere un composto liscio ed omogeneo, Lasciarlo riposare al fresco, avvolto nella pellicola, per 1 ora almeno.
--
Per la crema frangipane:
pistacchi 75 gr (io 50)
zucchero 75 gr (io 50)
burro gr 70 (io 50)
yogurt greco 40 gr
1 uovo - sale
--
Tritare al mixer i pistacchi con lo zucchero, ottenendo una farina il più fine possibile. Ammorbidire (ma non sciogliere) il burro e amalgamarlo allo yougurt. Unire entrambi alla farina di pistacchi, aggiungere l'uovo e un pizzico di sale. Mescolare bene con la frusta fino ad ottenere un composto cremoso ed omogeneo.
--
Stendere la frolla a 3-4 mm di spessore (sottile, ma non a velo) e foderare uno stampo tondo, rivestendo anche il bordo. Riemire la crostata con la crema preparata e cuocere in forno a 170° per circa 35 minuti.
--
Nel frattempo preparare le rosette :
mele rosse Stark 2 o 3, acqua gr 700 e 350 gr di zucchero
--
Porre acqua e zucchero sul fuoco per ottenere uno sciroppo liquido. Tagliare il più sottilmente possibile le mele (io ho usato la mandolina), tuffarle nello sciroppo bollente, lasciar riprendere il bollore e poi scolarle, adagiandole su una superficie piana e cercando di evitare l'effetto mucchio selvaggio. Formare le rosette con tre fettine di mela, avvolgendole su se stesse (come quando si fa la pasta di sale, per dire). Accumularle su un piatto.
Sfornare la crostata, lasciarla riposare cinque minuti e poi decorarla con le rosette. Spolverizzare di zucchero a velo e infornare ancora per 10 minuti (passaggio che io ho saltato).
Lasciar raffreddare e servire.

Laura e Giulia

PoveraPazza molto orgogliosa di sè.


12 novembre 2010

Tonka tonka tonka!!

Cominciamo dal principio, da bravi.
A Taste of Milano, tanto vituperata manifestazione fighetto-gastronomica (che a me, invece, è piaciuta) mi imbatto in un piccolo e delizioso dessert di Andrea Berton di Trussardi alla Scala.
Un bicchierino di crema pasticcera profumato alla fava tonka e sormontato da una julienne sottilissima di mela Granny Smith.
Come spesso mi accade, rimango folgorata e avvio il processo ossessivo di ricerca degli ingredienti, primo fra tutti la fava in questione. Si rivela di difficile reperibilità ma, per fortuna, Santa Alex, nella sua grandiosa magnanimità me la fa avere, assaggiare, annusare.
Bene, mi dico, si può partire.
Il bicchierino aveva un che di granuloso inside che credo fossero mandorle tritate grossolanamente. Io ce le ho messe, comunque.
La mia prova non è esattamente come l'originale ma ci si avvicina parecchio.
Mi raccomando: le mele tocca tagliarle all'ultimissimo momento altrimenti anneriscono che è un piacere e il succo di limone non ci sta, con il resto. Forse, mi viene in mente ora, le si potrebbe tuffare in uno sciroppino liquido e poco dolce. Però, insomma, io ce le ho messe plain e mi sono piaciute così.

Per sei bicchierini (avanzerà un pò di crema ma è possibile conservarla qualche giorno in frigo):

- 430 gr di latte intero
- 1 fava di tonka
- 24 gr di farina 00
- 8 gr di fecola di patate
- 4 tuorli (80 gr)
- 70 gr di zucchero semolato più un poco per spolverizzare
- due cucchiai di mandorle pelate e tritate grossolanamente
- 2 mele Granny Smith di medie dimensioni

--

Versare il latte in una casseruola, aggiungere la fava e far riscaldare a fuoco dolce.
In una ciotola battere i tuorli con lo zucchero, poi incorporare farina e fecola. Stemperare con un pò di latte caldo e lavorare il composto con la frusta. Quando il latte bolle eliminare la fava (che servirà successivamente) e aggiungere il composto di uova e farina e le mandorle. Cuocere per circa 3 minuti, continuando a mescolare per evitare che si formino grumi. Profumare con la fava tonka grattugiata.
Spegnere il fuoco e far raffreddare sempre mescolando per evitare che si formi la pellicola in superficie (in alternativa cospargere abbondantemente di zucchero semolato).
Riempire i bicchierini con la crema ormai fredda e completare con la mela (non sbucciata) e tagliata a julienne il più finemente possibile con il robot o con la mandolina.
Il contrasto tra l'acidità e freschezza della mela e l'untuosità e la dolcezza della crema risulta molto piacevole.
(PoveraPazza)

10 novembre 2010

without pummarola 'ncopp



chapter one: Ancora fuori

Stoppa, questo è quel che mi ricordarono i suoi capelli. Alluminio, forse, era il materiale del portoncino fuori dal quale stava fumando una sigaretta.

Noi: "Ci scusi" _dicemmo in coro_ "stiamo cercando il ristorante blablabla  delle cantine blablabla ci hanno detto che sta qua ma 'ndò stà"
Lei: Voilà sta proprio qua   ella disse _in coro [suo]_ per non essere da meno_ scostò il suo bianco poncho vintage per scoprire il prezioso metallo anodizzato
Noi: Ua (sincera espressione di genuina meraviglia in napoletano) sta qua.
Noi, tra di Noi ma senza far sentire Lei:  ma come! Un ristorante cosìcolà di una casa vinicola colàecolì con un portoncino così!


chapter two: Oramai dentro

Noi: ?
Io: ???

Eravamo nel bel mezzo di un viaggio  a ritroso nel tempo: il finto pub rustico degli anni 80.
Calce grezza alle pareti, ruote di carro come tavoli o tavoli adatti ad essere usati come ruote di carro, barili usati come sedie o forse erano sedie scomode come barili, arnesi misteriosi appesi alle pareti forse si, attrezzi agricoli o  forse no, non so.


Chapter three: La sorpresa

La fumatrice, stopposa e ponchosa, è anche cameriera! Anzi, forse è anche la tenutaria. Al banco bar c'è anche il suo alterego in stile vecchia tossica hippy con un treccione nero (che ti sembra giovane di spalle ma è una vecchiarda se vista di fronte) ed inoltre un figuro barbuto, ma forse pure barboso, appare decisamente indaffarato tra banco bar, cucina, depositi ed un temibile palchetto per esibizioni live.
Vuoto è il locale ed anche il desiderio che partorisce il mio senso estetico è paragonabile ad un anelito di vuoto.


Chapter four: La carta

La tipa stopposa ci porta un foglio sul quale vi era stampata la dicitura: MENU' ma era rimasto poco spazio per scrivere altro, molto spazio ancora era stato dato ai numeri che ti indicavano quanto ti sarebbe costato mangiare, quindi si capisce che questo aveva ridotto enormemente la possibilità di poter cucinare più di due o tre cosette.
Mentre si discuteva tra Noi se conveniva farsi derubare ordinando un bicchiere di vino a testa o farsi derubare ordinando addirittura una bottiglia intera, mi cadde l'occhio sullo SCAMMARO  "piccolinamente" indicato in MENU'.


Chapter five: Lo Scammaro è...


Io: Scusi signora stopposa che cos'è lo scammaro?
Lei:  stopposamente disse: lo scammaro è....euan.... EuanTuTriFor... lo barbuto barboso ed altri giovani vecchi cominciarono a suonare un amplificatissimo Jazzzzz.


beh vi sembrerà strano ma proprio non ricordo cosa disse la stopposa dello scammaro.
Forse parlò di spezzettare queste


tagliuzzare questo


tostare questi


e tostare anche questo


ammollare queste


Insomma con tutta questa roba qui:


quella sera, qualcuno in cucina, buttò in una padella con l'olio una alice salata con un spicchio d'aglio tritato. Consumata l'alice buttò in padella le olive bianche e nere, tagliate a pezzettoni ed aggiunse di lì a poco i capperi. Forse la stopposa, ma non ci giurerei, fece cuocere la pasta al dente che poi venne unita  con le olive ed i capperi in padella. Infine rimestò tutto aggiungendo l'uvetta ammollata, i pinoli tostati e per ultimi prezzemolo e pan grattato anch'esso tostato.

Una appendice storica


Lo scammaro sono degli spaghetti conditi senza pomodoro. I "giorni di scammaro" che nel regno delle due sicilie identificavano i giorni della quaresima e tutti gli altri giorni dell'anno nei quali, per precetto religioso, era obbligatorio mangiare di magro  la voce scammaro è un sostantivo derivato, attraverso una protesi di una s distrattiva, dal verbo latino *cammarare=mangiar di grasso; posto che *cammarare è mangiar di grasso, ne deriva che *scammarare (donde scammaro) vale mangiar di magro.

Amedeo Bolinari

metti un finocchio a cena: caramellato con quenelle di caprino fresco


Stasera, grazie all'iniziativa di un gruppo di blogger, invitiamo a cena i finocchi.
Premetto che a me i finocchi piacciono di più crudi, alive and kicking e chiacchieranti, premetto che credo sappiano difendersi da soli dagli attacchi beceri di certi personaggi. Epperò.
Credo sia necessario metterci la faccia, etichettarci per marcare una differenza. In questo senso rimando al magnifico post di Giovanna di qualche giorno fa.
Spero che le piccole iniziative come questa contribuiscano almeno a far pensare, se non a modificare la coscienza di altre persone.
Sabato scorso, a Milano, quel finocchio di Nichi ha riempito un teatro (grande) e ha lasciato fuori diverse migliaia di persone (io tra quelle) che avevano voglia di ascoltare la narrazione di un punto di vista diverso. Mi fa piacere pensare che tutti questi semini insieme faranno crescere un albero nuovo, diverso da querce, ulivi, garofani, ma con profonde radici.

E dopo il pistolotto, ecco la ricetta. Di Yotam Ottolenghi.

2 piccoli finocchi
un cucchiaino di burro e un cucchiaio d'olio
2 cucchiai di zucchero
1 cucchiaino di semi di finocchio
qualche fogliolina di aneto
zeste di mezzo limone
2 cucchiai di caprino fresco
sale pepe (e qualche bacca di ribes fresco, se piace).
--
Mondare delle foglie più dure i finocchi e lavarli. Affettarli  per il verso della lunghezza senza eliminare la base più dura in modo che le fette (spesse 1 cm) restino insieme.
Far sciogliere il burro in una larga padella, aggiungere anche l'olio. A fiamma vivace far dorare uno strato di fette di finocchio da entrambi i lati. Far riposare su un piatto le fette già pronte e proseguire fino a esaurimento della verdura.
Nel fondo di cottura aggiungere lo zucchero, i semi e abbondante sale e pepe. Far sciogliere per 30 secondi, aggiungere i finocchi cotti e lasciar caramellare delicatamente per un paio di minuti.
Cospargere con l'aneto e le zeste di limone e il ribes, a piacere.
Guarnire con la quenelle di caprino fresco.
--
PoveraPazza

Un finocchio al giorno, lo leverà di torno? Oppure un finocchio, una mela e una patata? O un finocchio, una mela, una patata e una rapa? Un cavolo? Un intero minestrone?
Si sa, la dieta depurativa fa miracoli!


- questo post è per voi, lo sapete -

8 novembre 2010

il cimento delle carni: anatra con zucca piccante

 
La carne non la so cucinare. Non la mangio, non mi piace, mi viene male.Ho deciso che ogni tanto ci devo sbattere il muso e cucinarla, così, per completezza di formazione se non per piacere. 
Naturalmente bisogna aspettare il momento propizio: l'ospite atteso e malcapitato è la vittima ideale per gli esperimenti culinari di ogni tipo.  Anche avicoli., come in questo caso.
Il manzo cadaverico e sanguinolento non riesco a toccarlo, magari si può cominciare da un petto d'anatra? Ne servivano due, si son trovati un petto e una coscia. E vabbè.
 Per me medesima ho riservato la zucca piccante al forno, imparata da Alex e poi rifatta mille volte con minime variazioni (a seconda della memoria labile che mi governa).
Ingredienti:
2 petti d'anata (o pezzi diversi, avere solo l'accortezza di cuocerli un poco più a lungo)
succo di mezzo limone
2 cucchiai di cognac
40 gr di vino bianco e 40 gr di vino rosso
2 dl di brodo
salvia rosmarino
aceto balsamico
--
Salare e pepare la carne. Incidere la pelle con la punta di un coltello, facendo un disegno a losanghe.
In un padella antiaderente a fondo spesso adagiare la carne con la pelle verso il basso e, a fiamma vivace, fare in modo che si formi una crosticina. A questo punto girare i pezzi e dorare anche dall'altra parte. 
La carne e la pelle avranno rilasciato un bel pò di grasso che io ho tolto, facendolo rapprendere in una ciotolina prima di buttarlo (altrimenti si tappa il lavandino, carine).
Rimettere la carne nella padella, bagnare con il vino bianco, il cognac e infine con il succo di limone.
Unire le erbe e lasciar ridurre i liquidi, sempre a fuoco vivace.
Togliere la carne e lasciarla in caldo (150°), coperta da un foglio d'alluminio. 
Preparare a salsa aggiungendo al sugo di cottura (dopo aver tolto le erbe) il vino rosso e il brodo, riducendo fino alla densità desiderata. All'ultimo unire l'aceto balsamico.
Affettare i petti e salsare con la riduzione preparata.
Servire con la zucca al forno (la mia cotta con zenzero e peperoncino, rosmarino, sale alla vaniglia e un filo d'olio).
Gli ospiti sembra abbiano apprezzato. Fidatevi, se potete! 
(PoveraPazza)
ps: sto continuando a leggere se niente importa . Ve lo consiglio,davvero. Mi consideravo una consumatrice mediamente informata. Palle. Dopo la lettura completa, credo che non mangerò neppure più il poco pesce che consumo ora.





5 novembre 2010

harira


D'inverno (vabbè autunno, non sottilizziamo) consumo grandi quantità di robe brodose. Devono contenere tutto quanto serve all'umano sostentamento, devono essere calde e colorate. Non mi stancano, mai.
Questa volta è toccato all'harira, una zuppa tradizionale marocchina per il tempo del Ramadan.
La mia versione è quella di Ottolenghi, una  nuova ma bruciante passione.
Come tutte le zuppe è molto semplice da preparare.
Serviranno:                       
200gr di ceci secchi (io ho usato una scatola di ceci lessati, bio)
olio d'oliva
1 grossa cipolla, ridotta a dadini
200 gr di polpa di agnello, ridotta a dadini
2 cucchiai di concentrato di pomodoro
1 cucchiaio di zucchero
1 scatola di pomodori a dadini
1 litro di brodo vegetale
succo di un limone
1 cucchiaino di cumino in polvere
1 cucchiaino di zenzero in polvere
un pizzico di pistilli di zafferano
200 gr di spinaci novelli, lavati
coriandolo tritato (io non l'avevo)
fettine di limone per servire
sale e pepe 
--
Considerando di avere i ceci già lessati procedere così:
far soffriggere in una casseruola la cipolla in poco olio d'oliva fino a quando diventa trasparente.
Aggiungere, a fiamma vivace, l'agnello e rosolare per pochi minuti. Successivamente aggiungere il concentrato e lo zucchero. Mescolare bene. Dopo un paio di minuti aggiungere anche i pomodori tritati, i ceci scolati, il brodo, sale e pepe.
Far prendere bollore alla zuppa, abbassare la fiamma e lasciar sobbollire per circa 35 minuti o fino a quando la carne non sarà tenera.
Aggiungere il limone e profumare con le spezie. Aggiustare di sale e pepe.
Appena prima di servire guarnire ogni ciotola con una manciata di spinacini crudi, spezzettati grossolanamente, il coriandolo tritato e una fettina di limone.
Si fidanza (sposarsi mica usa più) facilmente con il pane carasau. Magari in Marocco non lo conoscono, ma noi lo abbiamo e ci piace molto.

La mia ricetta non menzionava piccantume di alcun tipo (lo zenzero è aromatico) ma secondo me cps (ci può stare).
E' buona, ottima, anche nella versione avanzo.
(PoveraPazza)

Ma forse dovrei postare un dolce, ogni tanto? Il dolce piace..                                                                                                                                                                

3 novembre 2010

intermezzo piccante: insalata di mele

Avete presente le signorine, negli incontri di pugilato, con il cartello che segna l'inizio delle riprese? Oddio, viste solo nei film americani di goodfellas, però, mi avete capita,no?
Ecco, questa piccantissima insalata è il loro omologo culinario: stuzzicante e procace come una miss tuttacurve.
Sono molti anni che la propongo, non ritrovo più il pizzino (Lydia's copyright) in cui avevo segnato dosi ecc, ma, navigando a vista la rifaccio quasi ugale ogni volta.
Si sposa meravigliosamente con carni un pò pesanti (mi immagino) ma anche post primi elaborati.
Fuor di metafora, una ragazza per tutte le stagioni. La Granny Smith si trova sempre, infatti.

Una robetta facile facile:
2 mele granny smith bruschette
5 bacche di cardamomo verde (chi avesse notizia di luoghi in cui comprare quello nero divulghi, per cortesia)
200ml di acqua,
2 cucchiai di zucchero
1 peperoncino piccante - fresco
il succo di un limone
3 cm di radice di zenzero
So: preparare uno sciroppo con l'acqua, lo zucchero, il cardamomo e lo zenzero. Risulterà uno sciroppino molto molto leggero. Filtrarlo e versarlo sulle mele affettate sottilissime. Irrorare con il succo di limone. Tagliare a rondelline il peperoncino ed aggiungerlo alla preparazione. Mescolare bene e lasciare riposare per una mezzoretta, che ci guadagna.

Tutto qui. Alternativa al dentifricio, credetemi.
(PoveraPazza)

2 novembre 2010

bottino del salone : 1 - Tortelli di farina 7 effe con burrata ed erbette

 Aspettiamo con ansia l'unico fine settimana lungo dell' anno e piove. Piove ininterrottamente per tutto il suddetto weekend, piove a secchiate, impietosamente. Ci riposiamo, pensiamo. Certo, peccato per quella passeggiata in montagna che avremmo voluto fare prima del definitivo arrivo dell'inverno, peccato.
Però abbiamo dei giochi nuovi: il bottino del salone. Con un pò di tempo dalla nostra e i nostri intrugli da fare, magari le salviamo queste giornate.
Il bottino del salone consiste in trouvailles da rielaborare, nessun salume formaggio conserva dolciume già fatto. E' stata una scelta precisa filosoficamente dettata dal "mica si può comprar tutto"!

 Il primo esperimento è stato tentato con la farina sette effe del Mulino Marino. E' da agricoltura biologica, macinata a pietra ed è composta da grano tenero, grano duro, segale, farro, mais, riso e grano saraceno.  Ho rifatto i tortelli di erbette di Nadia Santini e, a parte un incidente di percorso che poi vi dirò, sono venuti strepitosi.


Ingredienti:
250 gr di burrata
200 gr di erbette
1 piccolo cipollotto e 1 costina di sedano verde
1 cucchiaino di burro, 1 pizzico di noce moscata e pepe, 1 mestolino di brodo vegetale
- per la pasta:
2 uova intere e due tuorli ( 60 gr uova intere e 30 gr tuorli - in tutto 180 gr)
gr 200 di farine sette effe (o farina bianca 00)
1 pizzico di sale
- per il condimento
burro e parmigiano grattugiato
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Preparare il ripieno: stufare il cipollotto ed il sedano tritato in poco burro, unire le erbette lavate, tagliate grossolanamente e non scolate. Aggiungere un mestolino di brodo e far cuocere fino a che le erbette non siano tenere. Frullare fino ad ottenere una crema. Aprire la burrata su un tagliere, tenere l'interno da parte, tagliare a coltello la parte esterna e poi unire tutto alle erbette. Aggiustare di sale, aggiungere un pizzico di noce moscata, il pepe e tenere in frigo fino al momento di utilizzarlo.
Il mio impasto era un pò molle, ho aggiunto due cucchiai di pane grattugiato, ma forse è meglio far colare la crema di erbette se risultasse poco consistente.
Preparare la pasta facendo la fontana e scusciando le uova nell'incavo ed aggiungendo un pizzico di sale. Impastare fino a quando non risulta porosa.
Tirare non troppo sottile (io, a mattarello) circa mezzo millimetro e ricavare con la rotella dei quadrati di 8 cm di lato.
Su ogni quadrato posare una pallina di ripieno e un filetto piccolissimo di burrata.  Chiudere a triangolo bagnando LEGGERMENTE i bordi. Io forse ho esagerato con l'acqua. I tortelli si sono sì saldati alla perfezione ma poi si sono anche saldati l'uno all'altro in modo quasi irreparabile.



Se non ci fosse stato Al con la sua santa pazienza avrei gettato via tutto. E sarebbe stato un vero peccato. Ogni volta che cucino c'è una crisi isterica in agguato (mica il titolo del blog è spuntato sotto un fungo..) che non riesco a controllare. Se i piatti non riscono al primo colpo, se qualche intoppo si frappone tra me e l'idea che mi sono fatta sono strepiti e alti lai (soprattutto strepiti e parolacce).
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I miracolati vanno cotti in acqua bollente salata per quattro (al dente) o cinque minuti e poi
conditi con un cucchiaio di burro fuso ma non nocciola e parmigiano grattugiato.
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Non so come sia la versione con farina bianca normale: questa sette effe ha aggiunto complessità di sapore e una piacevole ruvidezza alla pasta.
Con queste dosi ho ottenuto 35 tortelli : una porzione equa è 5 pezzi a testa. Ma, certo, se proprio avete fame anche di più eh..
(PoveraPazza)